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giovedì 23 settembre 2010

Prove dell'esistenza di Dio

La prova ontologica di Anselmo d'Aosta
Il principio defintorio: Dio é "id quod majus cogitari nequit". Dio è ciò di cui non si può pensare il maggiore.
Devo attribuire a Dio ogni perfezione per via d'eminenza, e negazione: per esempio Dio é Amore infinito.
Se a Dio conviene ogni perfezione a questo modo, non posso negargli l'esistenza senza principio né fine.
Dio é Eterno.
Se infatti mancasse dell'esistenza non avrebbe tutte le perfezioni, non avrebbe la perfezione dell'Eternità.
Perfezione questa che posso attribuirgli anche considerandolo nel tempo, masenza inizio né fine.
Ma essere senza inizio né fine implica avere l'esistenza al modo della perfezione, cioé in atto.
Dunque Dio esiste.

Ora c'è chi nega che l'esistenza sia una perfezione nell'ordine dell'essere.
Eppure é più perfetto un progetto realizzato rispetto ad un progetto solo rappresentato?
In generale, nell'ordine dell'essere ci chiediamo se sia più perfetta la possibilità o l'attualità, e queste in riferimento ad un atributo, ad una perfezione ideale.
Il possibile ha la perfezione dell'essere pensato.
L'attuale ha la perfezione dell'essere reale.
L'essere reale ha la perfezione dell'essere possibile più la perfezione della fatticità del possibile pensato.
L'aessee reale attesta la veridicità dell'essere pensato.
Dunque la veridicità della proposizione id quo majus cogitari nequit é un'ulteriore perfezione del pensato e tale perfezione consta del suo essere posto in essere (coerentemente all'essenza), nel suo esistere.

Ora c'è chi obbietta che tale perfezione dell'attualità non implica dinecessità la sua realizzazione.
Da questa illazione, scaturisce la differenza specifica dell'id quo majus cogitari nequit rispetto al restante del possibile. Ciò  che lo caratterizza é che mentre ogni altro possibile possa o non possa essere reale, senza che con ciò muti lo stato di cose del mondo, la non esistenza dell'id quo, implica che se egli non esiste, nulla esiste, né in potenza, né in atto.
Ora poiché noi conosciamo cose sia in potenza che in atto, la sua esistenza é garantita.

Il pensiero opposto potrebbe costtituirsi così: esiste solo l'essere in potenza, oppure, esiste un solo essere reale a cui non compete nessuna perfezione. Un tale essere su cosa baserebbe il proprio esistere? L'esistenza stessa gli sarebbe negata, per definizione in quanto parliamo di un singolo essere, in assenza d'ogni altro. Si dà infatti la possibilità che cotal essere esista? E rispetto a chi e che cosa esisterebbe? Essendo l'unico. La contripotesi risulta senza senso.

Ergo se é insensato parlare di un singolo  essere esistente, in quanto non c'è altro cui riferirsi per acquisire una definizione esistentiva, é senzato data la pluralità di esseri in potenza ed in atto, di immaginare uno solo che esiste anche senza tutti gli altri, e che questi altri possano esistere solo in seguito di quest'unico per sé esistente.

A voi la parola

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